Riceviamo e pubblichiamo queste dettagliate riflessioni sul Ponte inviate dall'ingegnere Roberto D'Andrea, che risponde, sul piano tecnico e analitico al fronte del no all'opera.
In merito alla rubrica domenicale “Se il no al Ponte ci fa somigliare all’ultimo giapponese in una guerra che non c’è” (leggi qui), riceviamo e pubblichiamo la seguente riflessione dell’ingegner Roberto D’Andrea.
“Condivido la doverosa premessa di non dovere credere alle promesse del presidente del consiglio: i paragone con i regali di Babbo Natale lo trovo perfetto.
Mi complimento con lei, non perché io sia sempre stato un sostenitore del ponte ed intenda spiegarne le ragioni, ma perché lei è una delle poche persone che pubblicamente sta dichiarando di aver cambiato, dopo tanti anni, il proprio convincimento dopo una lunga ed attenta riflessione sulle nostre maggiori criticità.
Purtroppo però esiste una percentuale della popolazione che è fermo sul no.
Sono sempre stato convinto che il fronte del no fondi le proprie ragioni su argomentazioni precostituite ed errate, frutto di una scarsa conoscenza di temi quali le infrastrutture e quelli ad esso collegati, quali l'economia e l'ambiente; restando quindi fisso sulle proprie posizioni, senza rendersi conto che il mondo ogni giorno cambia e che nazioni straniere, che cinquant'anni addietro erano per noi italiani il terzo mondo, oggi ci hanno abbondantemente superato.
Penso ad esempio al costruendo ponte tra la Russia e la Crimea (almeno 8 miliardi di dollari), così come alla Cina che nella classifica dei grandi ponti (oltre un km di campata) è presente con ben 7 manufatti.
Certo il ponte ha pure le sue criticità, soprattutto nella fase cantieristica, non v'è dubbio alcuno, ma quale grande opera non le ha? E questo spiega perché sia obbligatorio svolgere il procedimento della valutazione di impatto ambientale, al fine di mitigare gli effetti. Ma se partiamo dal presupposto che qualunque opera ha un sia pur minimo impatto allora non si costruirebbero le autostrade, le ferrovie, i porti, e così via. Se poi riteniamo di essere un paese civile (qualche dubbio resta) certamente non ci si arrende alla mafia. Sappiamo bene che la mafia è presente nella nostra regione, ma pur essendo un nostro male endemico da decenni ormai sta su tutto il territorio nazionale.
Non fare un'opera perché in Sicilia c'è la mafia equivale alla resa (almeno su questo siamo in sintonia con il presidente del consiglio; alla criminalità organizzata lo stato deve opporsi con le forze di polizia e con la magistratura, non certo con il blocco degli appalti.
Terzo punto, l'aspetto economico.
E' opinione diffusa tra tanti oppositori al ponte che lo Stato prima di spendere per l'attraversamento stabile dovrebbe finanziare opere più utili e necess...
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